Negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi nell’interpretazione dell’autismo e dei disturbi pervasivi dello sviluppo. I dati della letteratura più recente suggeriscono che il Disturbo Autistico abbia origine da fattori organici che interferiscono nella fase dello sviluppo del Sistema Nervoso Centrale (anche se, a tutt'oggi, non sono state individuate specifiche disfunzioni del sistema nervoso).
I fattori biologici causa di autismo sono noti solo nel 20% dei casi; la presenza di anomalie metaboliche sembra interessi il 5% dei casi; le ricerche sui fattori neuropatologici hanno evidenziato, in alcuni casi, la presenza di anomalie localizzate nel cervelletto, nel sistema limbico e nella corteccia cerebrale. In altri casi è stato evidenziato il ruolo dei fattori esogeni infettivi, tossici, farmacologici, traumatici, e vascolari. L’indagine sui fattori genetici e sulle anomalie cromosomiche, infine, ha portato alla scoperta dell’eziologia certa del Disturbo di Rett nella mutazione MECPZ localizzata sul cromosoma Xq28. Non vanno inoltre sottovalutate le patologie neurologiche associate alla sindrome che aggravano il quadro clinico: iper o ipo-tonia, turbe della coordinazione motoria, distonie, stereotipie motorie, dismorfismi, alterazioni dell’udito (sordita’ di conduzione neurosensoriale o mista), ritardo mentale ed epilessia.
Le ricerche evidenziano pertanto che esiste una multifattorialità di cause genetiche, organiche o acquisite precocemente che, in modi diversi, potrebbero giustificare l’insorgenza del disturbo autistico e che vanno pertanto ulteriormente indagate.
Il DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) prevede che la diagnosi differenziale del Disturbo Autistico sia posta con: il disturbo di Rett, il disturbo Disintegrativo della Fanciullezza, il Disturbo di Asperger, il Mutismo Selettivo, il Disturbo Espressivo e il Disturbo Misto del Linguaggio, il Disturbo del Movimento Stereotipo, la Schizofrenia ed il Ritardo Mentale.
Il gruppo di lavoro per il DSM V a breve disponibile in Italia, ha apportato alcune modifiche alla precedente versione del manuale diagnostico internazionale sostituendo la precedente categoria di disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS) con quella di Disturbi dello spettro autistico (DSA).
I Disturbi dello Spettro Autistico sono caratterizzati da una compromissione grave e generalizzata in 2 aree dello sviluppo: quella delle capacità di comunicazione e interazione sociale (Deficit nella comunicazione della reciprocità sociale ed emotiva, nella comunicazione non verbale usata a scopo sociale, nella creazione e mantenimento di legami sociali adeguatamente al livello generale di sviluppo) e quella nell’area degli interessi e delle attività.
- Uso stereotipato dei movimenti, del linguaggio o degli oggetti
- Eccessiva aderenza a routine, rituali motori o verbali e/o resistenza al cambiamento
- Fissazione per interessi particolari o ristretti in modo anormale nella durata o nell’intensità
- Iper o Ipo reattività agli stimoli sensoriali o inusuale interesse per particolari dettagli dell’ambiente.
Fanno parte dei DSA le seguenti patologie: Disturbo Autistico, Disturbo di Asperger e il Disturbo Generalizzato dello Sviluppo NAS.
Non rientrano invece più il Disturbo di Rett, Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
Questi disturbi si evidenziano nei primi anni di vita e sono accompagnati da un certo grado di ritardo mentale (che se presente dovrebbe essere rappresentato sull’Asse 2).
CENNI STORICI:
La prima descrizione del disturbo autistico da parte di Leo Kanner nel 1943 definisce la sindrome clinica caratterizzata da: incapacità relazionali, resistenza al cambiamento, atipie del linguaggio (deficit di acquisizione, ecolalia, mutismo occasionale, inversione dei pronomi), gioco ripetitivo e stereotipo eccellente memoria meccanica, reazioni emotive eccessive e impaccio motorio. La definizione di autismo si sviluppa ed evolve negli anni a partire da questa prima descrizione.
Nel 1943 Kanner si rifiutò di considerare l’autismo come una manifestazione precoce della schizofrenia mentre molti autori allora consideravano la sindrome appunto come una forma di schizofrenia infantile, Bender (1947) ad es., ipotizzò che l’autismo e la schizofrenia fossero parte di un continuum di uno stesso processo sintomatologico evolvendo, entrambe le condizioni, verso un disturbo serio della relazione con l’altro.
Si parlò poi di psicosi infantile che divenne sinonimo di schizofrenia infantile. Con gli anni il termine di psicosi è risultato sempre meno appropriato ai bambini e le ricerche condotte su fasce d’età sempre più basse confutavano tale ipotesi.